Gli archivi delle fondazioni sono visti solo dagli addetti ai lavori. Intervista con Gianni Minà

Gianni Minà sta digitalizzando il suo archivio, abbiamo parlato con lui di documenti, fotografie e filmati: materiale accumulato nel corso di una carriera di giornalista lunga oltre mezzo secolo.

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Gianni Minà con Fidel Castro e Frei Betto, anni ’90. ©️Archivio Minà

Dottor Minà, il primo aspetto che vorremmo chiarire è il seguente: nella descrizione del progetto “Minà’s rewind”, si parla di un raggruppamento di tutto il materiale inerente alla sua produzione secondo un ordine ragionato, cronologico e/o di settore da ospitare sul sito giannimina.it e sui suoi canali social ufficiali. Il materiale di cui si parla, non è stato mai inventariato o catalogato prima dell’avvio di questo progetto? Nello specifico, si tratta solo di materiale audiovisivo, oppure esiste un suo archivio che conserva documenti di altro genere?

No, non ho mai avuto il tempo di catalogare il mio materiale: sta da troppi anni in due cantine affittate, in un garage che contiene cassette e pellicole (insomma, tutto fuorché la nostra automobile) e un negozio dove da più di venticinque anni ho lavorato al montaggio dei miei documentari. Ho sempre lavorato di corsa e ora, che non esco più di casa da un bel po’ di tempo, ho deciso di mettere mano alla mia memoria fatta di carta e filmati.

Insistiamo sul concetto di archivio per comprendere un ulteriore elemento: la finalità del progetto sembra essere solamente la creazione di una piattaforma multimediale, in cui sarà poi possibile guardare tutto il materiale audiovisivo prodotto durante la sua lunga carriera di giornalista. Ma, se uno studioso volesse approfondire un determinato periodo della sua storia professionale, potrebbe attingere ad altre fonti – diari, lettere o appunti – magari conservate in una sede fisica?

Io e mia moglie stiamo per aprire una fondazione a mio nome per poter così dare un ordine soprattutto alla memoria cartacea che posizioneremo proprio nel mio negozio-sala di montaggio e che potrebbe essere consultabile. Ma data l’esiguità del posto, miriamo a scansionare tutto per poi inserirlo nel sito.

Ci può spiegare più nel dettaglio quali sono le operazioni di digitalizzazione che si stanno realizzando?

Prima di tutto stiamo dando la priorità ai betacam, poi inizieremo con la scansione dei miei articoli e degli articoli su di me. Solo alla fine dovremmo iniziare a pensare al materiale in pellicola relativo ai primi anni della mia professione. E’ un costo enorme, soprattutto perché sono pellicole antiche, addirittura del ’75 relative alle interviste ai pugili Usa che necessitano di un vero e proprio restauro prima della loro digitalizzazione.

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Gianni Minà con Pino Daniele e Massimo Troisi, 1992. ©️Archivio Minà

Perché ha scelto di finanziare “Minà’s rewind” attraverso un crowdfunding? Ha ricevuto manifestazioni d’interesse da parte di fondazioni, oppure editori che potessero partecipare al reperimento delle risorse?

Ho proposto, insieme a mia moglie, il fondo Minà ma, a parte lo scarso interesse, abbiamo capito che gli archivi delle fondazioni vengono visionati solo da addetti ai lavori. Noi invece miravamo a dare un’impronta più fruibile al materiale, qualunque esso sia. E quale occasione migliore quella del finanziamento dal basso, dove ovunque può, con un click, entrare e visionare qualunque cosa io abbia fatto nel corso di sessant’anni di professione? Mi sembra un’idea più aderente e più vicina a tutte quelle persone che mi seguono e mi stimano da molti anni. In fondo, è grazie a loro e per loro che sto ancora scrivendo articoli su Facebook su quello che reputo, al momento, importante.  Ancora mi stupisco che mi seguano 140mila persone su questa piattaforma e 55mila su Instagram.

Non ritiene che la memoria degli algoritmi sia troppo volatile e quindi inadatta a conservare le foto che la ritraggono con importanti personalità della politica, del cinema e della letteratura? Ci riferiamo in questo caso al suo profilo Instagram. 

No, in fondo anche i vari supporti, nel corso del tempo, si usurano più o meno velocemente. E poi abbiamo pensato, con la Fondazione Minà, di dare vita a una mostra itinerante di una selezione di queste foto a chi ce lo richiederà e di farne un catalogo fotografico a corredo. Tutto sommato, l’unico supporto che può vincere sull’oblio e sul tempo di conservazione è proprio la carta.

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