L’altro romanzo di Bogdanov.

Una nota di Giovanni Mastroianni

[La presente nota è uscita originariamente in appendice al volume: A. A. Bogdanov, La stella rossa / L’ingegnere Menni. Romanzi, a cura di G. Mastroianni, Abramo, Caraffa di Catanzaro 2009, pp. 397-429. Da quell’anno a oggi gli studi bogdanoviani sono andati incontro a una nuova vitalità, sia in Italia che all’estero, con un fiorire di pubblicazioni e traduzioni. Riproponiamo dunque questo testo, in forma fedele all’originale, in quanto contributo importante e poco noto sul tema, da parte di un pioniere degli studi sul pensiero russo-sovietico.]

1. Come non fu semplicemente, pur avendo lasciato una traccia in ognuno di quei ruoli, un agitatore e un politico, un economista, un medico, un filosofo, uno scienziato, Aleksandr A. Malinovskij, o come preferiva, con uno dei molti pseudonimi, Bogdanov (1873-1928), non fu neppure un semplice scrittore di fantascienza ed utopie. La stella rossa, L’ingegnere Menni, il non scritto Il marziano rimasto sulla Terra, hanno certo interesse perché reggono il confronto con la letteratura rinomata a cui fanno eco più direttamente, Guardando indietro di Bellamy e La guerra dei mondi di Wells, e documentano attese, d’ordine politico e sociale, scientifico e tecnologico, per l’epoca straordinarie. Ma sono prima di tutto digressioni, di un altro e non meno inaudito romanzo – la vita stessa dell’autore.

Bogdanov aveva ventiquattro anni, era stato arrestato una prima volta e confinato, e aveva cominciato a studiare medicina, quando pubblicò un Breve corso di scienza economica. Il taglio didattico rimanda alle lezioni da cui deriva, per gli operai di Tula. La definizione del lavoro, «dispendio di energia umana per uno scopo determinato»[1]A. Bogdanov, Kratkij kurs ekonomičeskoj nauki, Murikoba, Moskva 1897, p. 1. Del microfilm di questo, e della maggior parte degli altri testi dell’epoca, si è debitori al Dipartimento scambi … Continue reading, alla fortuna che aveva all’epoca in Russia Wilhelm Ostwald. Anche se a Lenin ancora sfuggiva, per cui recensiva il libro[2]V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 4, Gos. Izd. političeskoj literatury, Moskva 1960, pp. 35-37 (e Opere complete, IV, ottobre 1898-febbraio 1901, a cura di A. Herzel e I. Solfrini, Editori … Continue reading scrivendo: «Proprio così bisogna esporre l’economia politica», è la riduzione a energia di tutto il reale, che impone alla «scienza economica», «per chiarire i rapporti della produzione e della distribuzione», di considerarli «nel processo dello sviluppo».

In quale quadro si iscrivessero, l’economia politica e la milizia socialdemocratica, si vide meglio nel 1899, l’anno della laurea, specializzazione in psichiatria, di un nuovo arresto e di un nuovo confino, ma anche dei Principi fondamentali di una visione storica della natura. Con dietro sempre Ostwald, ma anche il Mach storico della fisica, per cui[3]E. Mach, Conoscenza ed errore. Abbozzi per una psicologia della ricerca, a cura di S. Barbera, con una introduzione di A. Gargani, Einaudi, Torino 1982, p. XV. Cfr. di Bogdanov, Ernst Mach und die … Continue reading «vi sono due modi di riconciliarsi con la realtà che ci circonda, uno è quello di assuefarsi ai dubbi, agli enigmi fino al punto di non percepirli più come tali, l’altro (…) consiste nello sforzo di chiarirli con l’aiuto della storia».

«Ecco, metafisico è per Mach qualsiasi concetto o principio di cui abbiamo dimenticato l’origine. La scienza, allora, cessa di apparire come una configurazione teorica rigida e invariante; in realtà “la storia – dice Mach – ha fatto tutto e la storia può cambiare tutto” (“die Geschichte hat alles gemacht, die Geschichte kann alles ändern”)».

Ripensato in una chiave del genere, il marxismo si scopriva inaspettatamente aperto e flessibile. Troppo, evidentemente, per il bisogno di certezza degli ortodossi, dei Plechanov e dei Lenin, e in modo inaccettabile dagli ex seguaci come Berdjaev, ormai insofferenti di qualunque sociologia non appesa ad un’etica idealistica. Nikolaj A. Berdjaev aveva la stessa età di Bogdanov, e come ricordava da vecchio[4]N. A. Berdjaev, Samopoznanie. Opyt filosofskoj avtobiografii, a cura di A. V. Vadimov, Kniga, Moskva 1991, pp. 128-129 (e come Autobiografia spirituale, a cura di G. Donnini, Vallecchi, Firenze 1953, … Continue reading, scontava anche lui a Volodka una condanna per ragioni politiche.

«Curiosi erano i miei rapporti con A. Bogdanov (Malinovskij), che in seguito creò un intero sistema filosofico, sintetizzando il marxismo con l’empiriocriticismo e l’empiriomonismo. A. Bogdanov era un’assai brava persona, assai sincero e votato senza riserve all’idea, ma per il suo tipo mi era completamente estraneo. In quel tempo mi definivano “idealista”, permeato di ricerche metafisiche. Per A. Bogdanov questo era un fenomeno completamente anormale. Per la sua primitiva specialità egli era psichiatra. Da principio veniva spesso da me. Mi accorsi che mi poneva sistematicamente domande incomprensibili, come mi sentivo al mattino, com’era il sonno, quale la mia reazione a quello e a quell’altro, e simili. Risultò chiaro che egli riteneva l’inclinazione all’idealismo e alla metafisica segno di incipiente disturbo psichico, e voleva stabilire a che punto fossi arrivato. Ma ecco l’interessante. Lo stesso Bogdanov ebbe in seguito un disturbo psichico, e fu persino per qualche tempo in una clinica psichiatrica. A me invece questo non accadde. Io non ero uno psichiatra, ma mi accorsi subito che Bogdanov aveva qualcosa di maniacale. Egli era un pazzo tranquillo e inoffensivo, un pazzo per l’idea. Bogdanov si comportò assai nobilmente al tempo della rivoluzione bolscevica. Era un vecchio bolscevico, aveva collaborato a una serie di raccolte e riviste assieme con Lenin. Ma all’epoca del trionfo del bolscevismo prese le distanze dai suoi aspetti brutti e occupò una posizione assai modesta».

Secondo la biografia finora più dettagliata[5]D. Grille, Lenins Rivale. Bogdanov und seine Philosophie, Wissenschaft und Politik, Köln 1966, p. 49, n. 2., può darsi che Berdjaev confondesse l’attività di Bogdanov, come medico, in una clinica psichiatrica, con un ricovero. Ma può anche darsi che il particolare del ricovero sia stato taciuto. Quando uscì nel 1901 La conoscenza dal punto di vista storico, l’incontro ebbe comunque un seguito, sulle pagine della rivista dei filosofi e psicologi. Berdjaev, citato nel libro[6]A. A. Bogdanov, Poznanie s istoričeskoj točki zrenija. Izbrannye psichologičesie trudy, a cura di O. G. Noskova, Moskovskij psichologo-social’nyj institut/NPO-MODEK, Moskva-Voronež 1999, p. 68, … Continue reading per il suo teleologismo («La non scientificità di un tale punto di vista (…) non ha bisogno di dimostrazioni particolari»), parlò[7]N. A. Berdjaev, Zametka o knige g. Bogdanova Poznanie c istoričeskoj točki zrenija, «Voprosy filosofii i psichologii», 1902/4, pp. 839-853 (e G. Mastroianni, Pensatori russi del Novecento, … Continue reading di «qualcosa di assai vecchio, inutile e fuori luogo proprio ora, in un’epoca di rinascita dell’idealismo».

«L’interpretazione biologica e in generale naturalistica del materialismo storico che propone il sig. Bogdanov, è completamente estranea al marxismo classico, e deve essere messa in conto ai suoi ardori “energetistici”; ma in un solo punto centrale egli resta fedele allo spirito del marxismo ortodosso. Nella sua visione dell’ideologia, su tutta la cultura spirituale, sulla conoscenza, sulla moralità, egli è ugualmente illusionista come tutti i marxisti ortodossi, persino di più, perché porta questa veduta all’estremo. I beni spirituali della vita umana – la conoscenza, la moralità, la religione, la bellezza, non possiedono per il sig. Bogdanov valore autonomo: essi sono solo illusioni, suscitate dall’adattamento alle condizioni della lotta per l’esistenza; ogni ideologia è per lui solo un “feticismo” sociale».

Bogdanov replicò[8]A. Bogdanov, K voprosu o novejščich filosofskich tečenijach, «Voprosy filosofii i psichologii», 1902/5, pp. 1049-1059 (e G. Mastroianni, Pensatori russi del Novecento, cit., pp. 53-63). punto per punto, esaltando la vitalità e il merito di «larga diffusione e coscienziosa valutazione», dell’empiriocriticismo e dell’energetica, professandosi «rappresentante di una grande e forte corrente della vita e del pensiero, che spazzerà i milioni di feticci, cari al cuore del sig. Berdjaev, e darà agli uomini una reale libertà di sviluppo, e non la fantomatica libertà di un volo metafisico», e chiedendo «al sig. Berdjaev – con quale diritto si permette di risolvere la questione, se “serve” o “non serve” il mio libro al marxismo. Forse gli stessi marxisti non possono risolverla, e hanno ingaggiato per questo scopo un variago metafisico?». I feticci: i concetti, come per Mach, di cui non si ricordi l’origine. Un variago: un mercenario, come i normanni nella Russia più antica.

I rapporti, naturalmente più complicati, con Plechanov e Lenin, sono rievocati in una lettera del secondo a Gor’kij, del 1908[9]V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 47, Izd. političeskoj kul’tury, Moskva 1964, pp. 150-153 (e Opere complete, XIII, luglio 1907-marzo 1908, a cura di I. Solfrini, Editori Riuniti, Roma … Continue reading, a proposito della raccolta di articoli Saggi di una filosofia del marxismo, che «ha reso acuti i vecchi dissensi fra i bolscevichi sulle questioni della filosofia».

«Io non mi ritengo abbastanza competente su queste questioni, per affrettarmi a intervenire sulla stampa. Ma ho seguito sempre i nostri dibattiti di partito sulla filosofia attentamente (…). Le opere filosofiche di Bogdanov io le seguivo dal suo libro energetistico sulla Visione storica della natura, il quale libro studiavo durante la mia permanenza in Siberia. Per Bogdanov questa posizione era solo un passaggio ad altre visioni filosofiche. Di persona lo ho conosciuto nel 1904, e allora ci scambiammo degli omaggi: io gli diedi i Passi, lui un suo libro filosofico di allora. Ed io allora stesso (a primavera o al principio dell’estate del 1904) gli scrivevo da Ginevra a Parigi, che coi suoi manoscritti mi dissuadeva specialmente della correttezza delle sue visioni e mi convinceva specialmente della correttezza delle visioni di Plechanov».

I Passi: lo scritto intitolato Un passo avanti, due passi indietro. Un libro filosofico di allora: il primo volume dell’Empiriomonismo, dai «Voprosy filosofii i psichologii» del 1903.

«Con Plechanov, quando lavoravamo insieme, spesso conversavamo di Bogdanov. Plechanov mi spiegò l’erroneità delle visioni di Bogdanov, ma riteneva questa deviazione niente affatto troppo grande. Ricordo bene che nell’estate del 1903 noi con Plechanov a nome della redazione di “Zarja” conversavamo con i delegati della redazione dei Saggi di una concezione realistica del mondo a Ginevra, e anzi convenimmo di collaborare, – io per la questione agraria, Plechanov di filosofia contro Mach. Il suo intervento contro Mach Plechanov lo poneva come condizione della collaborazione, – la quale condizione il delegato della redazione dei Saggi la accettava pienamente. Plechanov guardava allora a Bogdanov come ad un alleato nella lotta con il revisionismo, ma come ad un alleato che sbagliava, in quanto andava dietro ad Ostwald e poi dietro a Mach».

I Saggi di una concezione realistica del mondo rispondono ai Problemi dell’idealismo di Berdjaev e altri.

«Nell’estate e nell’autunno del 1904 ci accordammo definivamente con Bogdanov, come bolscevichi, e formammo tacimente quel tacito blocco che escludeva la filosofia, come campo neutro, che durò per tutto il tempo della rivoluzione e ci diede la possibilità di condurre nella rivoluzione quella tattica della social-democrazia rivoluzionaria (= bolscevismo), che secondo la mia profonda convinzione, era l’unica giusta.

Nella febbre della rivoluzione ci capitò di occuparci poco di filosofia. In carcere all’inizio del 1906 il sig. Bogdanov scrisse ancora una cosa, – mi sembra la III puntata dell’Empiriomonismo. Nell’estate del 1906 me ne regalò una copia ed io mi ci dedicai attentamente. Dopo la lettura, ne fui irritato e infuriato straordinariamente: per me diventò ancora più chiaro che egli andava per una strada arcisbagliata, non marxista. Io gli scrissi allora una “dichiarazione d’amore”, una letterina della misura di tre quaderni. Gli spiegavo lì, che io certo sono in filosofia un marxista qualsiasi, ma che proprio i suoi lavori, chiari, popolari, scritti in modo eccellente, mi persuadevano definitivamente che lui aveva in sostanza torto e Plechanov ragione. Quei quadernetti li mostrai ad alcuni amici (fra cui a Lunačarskij), e pensavo quasi di stamparli sotto il titolo: Note di un marxista qualsiasi sulla filosofia, ma non ne feci nulla. Ora mi dispiace di non averli stampati subito allora. Ho scritto giorni fa a Piter con la preghiera di cercare e di mandarmi questi quaderni.

Ora sono usciti i Saggi di una filosofia del marxismo. Io ho letto tutti gli articoli tranne quello di Suvorov (lo sto leggendo), e ad ogni articolo mi infuriavo per l’indignazione. No, questo non è marxismo! E i nostri empiriocriticisti, empiriomonisti e empiriosimbolisti scivolano in un pantano (…).

Mi è venuta di nuovo la nostalgia delle Note di un marxista qualsiasi sulla filosofia e ho cominciato a scriverle, e ad Al. Al. – senti – via via che leggevo i Saggi – le mie impressioni, certo, gliele esponevo direttamente e senza complimenti».

La rivoluzione, s’intende, è quella del 1905. L’Empiriomonismo consta di tre raccolte di articoli. Anche la seconda uscì prima, nel 1904, nei «Voprosy filosofii i psichologii». Anatolij V. Lunačarskij, il futuro commissario del popolo per l’istruzione, polemizzava a sua volta con gli idealisti[10]A. V. Lunačarskij, Russkij Faust, «Voprosy filosofii i psichologii», 1902/3, pp. 783-795 (per la lettura dei Karamazov, fatta da Sergej N. Bulgakov).. Piter: S. Pietroburgo. Le note che Lenin aveva cominciato a scrivere, diventarono Materialismo ed empiriocriticismo. Questo era all’inizio tanto poco mirato ad una rottura anche politica, che la stessa lettera raccomanda a Gor’kij di fare del proprio meglio, perché la discussione non avesse conseguenze fuori del campo della filosofia.

La stessa raccomandazione è rivolta ad un altro compagno[11]V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 47, cit., pp. 159-160 (e pp. 305-306 della traduzione)..

«La vera causa è che si è offeso per l’aspra critica fatta (…) alle sue opinioni filosofiche. Ora Bogdanov va in cerca di tutti i motivi di dissenso. Ha tirato fuori il boicottaggio, assieme ad Aleksinskij (…). Essi preparano la scissione su un terreno empiriomonistico-boicottistico (…). Vi ho chiamato pensando che un vostro pronto arrivo potesse contribuire a riportare la pace».

Con Grigorij A. Aleksinskij, Bogdanov sosteneva il boicottaggio delle elezioni alla Duma.

2. La stella rossa (1908) non è un’utopia come quelle a cui si riduceva la «critica» al «regime sociale», secondo l’articolo inaugurale di Empiriomonismo[12]A. A. Bogdanov, Empiriomonizm, a cura di V. N. Sadovskij, A. L. Andreev, M. A. Maslin, Respublika, Moskva 2003, p. 3., quando ancora non aveva avuto inizio la «grande lotta di classe», fondata su una «scienza» dai «metodi esatti», e su una «filosofia» dal «fermo positivismo». Nel secondo libro dello stesso Empiriomonismo[13]A. Bogdanov, Empiriomonizm, cit., pp. 169-172., c’è che gli uomini di un certo «tipo» hanno una «psiche potente», portata a reagire alla «sorte maligna», alle «forze esterne», all’«ambiente», alla «realtà», con «quella impronta originale, che è caratterizzata dalla parola “utopismo”».

«L’utopismo non è semplice “sogno” e non è semplice “fantasticheria”: il sognatore e il fantastico si distinguono per la ricchezza e instabilità delle combinazioni psichiche che sorgono, in quanto nel primo esse sono più pallide, nel secondo – più vive; nell’“utopista” i prodotti della creazione sono meno numerosi, ma assai stabili, perché la prevalenza della selezione negativa non permette il “gioco leggero della fantasia” e distrugge la maggior parte dei suoi risultati».

A questo utopismo si accompagnano la «conseguenzialità rigorosa del pensiero e della volontà», e l’«attivismo costante nella lotta della vita».

«È il tipo del “giudeo”, come lo disegna Heine. Effettivamente, nella razza ebraica, per la sua vitalità straordinaria e la sorte storica tormentosa, questo tipo si incontra più spesso che altrove; è il tipo dei profeti del Vecchio Testamento, e anche dei maestri e capi ruvidi e severi di questa stirpe. Ma anche in mezzo alle altre nazioni hanno appartenuto a questo tipo molti dei grandi combattenti per una idea, forti della loro conseguenzialità inflessibile. Uno dei più puri e perfetti suoi rappresentanti è il nostro protopope Avvakum. La sua biografia terribile pone davanti a noi l’enigma, di come da una catena continua di sofferenze incredibili nasca la forza gigantesca di una volontà di ferro, assolutamente incapace di cambiare se stessa a quali si vogliano condizioni. Il nostro punto di vista spiega questo enigma – l’enigma della vita di tutti i grandi asceti e fanatici ardenti di un’idea».

Per Heine[14]H. Heine, Ludwig Börne. Eine Denkschrift und Kleinere politische Schriften, a cura di H. Koopmann, Hoffmann-Kampe, Hamburg 1978, pp. 18-19 (e a cura di P. Chiarini, De Donato, Bari 1973, pp. 63-64)., «tutti gli uomini sono, o giudei o elleni, uomini con impulsi ascetici, iconoclasti e tendenzialmente spiritualisti, oppure uomini di natura realistica, fieri di vivere e svilupparsi». Avvakum, iniziatore dello scisma dei Vecchi Credenti, ha con la sua Vita[15]Vita dell’arciprete Avvakum scritta da lui stesso, a cura di P. Pera, Adelphi, Milano 1986, pp. 48-49., nella letteratura russa, «un posto paragonabile a quello della Divina Commedia nella letteratura italiana, o alla Bibbia tradotta da Lutero in quella tedesca». La sua figura affascina tradizionalmente i russi dei dissensi. In nota, è citato anche il Brand, quello del tutto o nulla, di Ibsen.

La cronaca della fortuna di Edward Bellamy e della sua ucronia[16]Edward Bellamy Abroad. An American Prophet’s Influence, a cura di S. E. Bowman, Twayne Publ., New York 1962, pp. 67-85 e pp. 514-518. non nomina il romanzo di Bogdanov. Ma il ricalco della trama è evidente. Leonid N., il protagonista, è tolto alla cospirazione, e alla difficile convivenza con Anna Nikolaevna, da un viaggio interplanetario. Julian West, l’eroe di Bellamy, si addormenta per un secolo, nella Boston di fine Ottocento, alla vigilia di un insipido matrimonio. Con un salto nello spazio, l’uno, nel tempo, l’altro, entrambi si ritrovano nel mezzo di una società senza sfruttati né sfruttatori, a misurare con l’aiuto paziente di nuovi amici, e il conforto di un nuovo amore, la distanza dei sistemi e il disagio dello spaesamento. Fra l’altro, raccomandato da Tolstoj, tradotto e ritradotto di continuo, sbandierato dai progressisti, vietato dalla censura, attaccato e ridicolizzato dai conservatori, Guardando indietro si trovava troppo a portata di mente, perché si possa pensare a coincidenze. Recentissima, del 1907, era la traduzione della continuazione, Eguaglianza.

I marziani erano assai popolari, dopo la traduzione, nel 1898, di La guerra dei mondi di Herbert George Wells, e l’anno dopo, della prima memoria di Giovanni Virginio Schiaparelli. La Grande enciclopedia del 1902 dedica al loro presunto ambiente più di tre colonne e una serie di tavole. La spaventosa eventualità dell’invasione e del genocidio aveva tanti riscontri nei conflitti internazionali, che a sentire «uno di quelli che leggevano le prime traduzioni di Wells in lingua russa, e la cui gioventù trascorse sotto la sua influenza – Jurij Karlovič Oleša»[17]G. Wells, Mašina vremeni. Vojna mirov. Rasskazy, a cura di Ju. Kagarlickij, Chudožestvennaja literatura, Moskva 1983, p. 3. Di Kagarlickij è la principale monografia russa su Wells., Bor’ba mirov, la lotta dei mondi, come fu tradotto, aveva l’ascolto di un «romanzo storico».

Una spinta diversa veniva da un’altra memoria di Schiaparelli.

«Fino a questo punto abbiam potuto arrivare, – concludeva l’astronomo italiano nel 1895[18]G. V. Schiaparelli, La vita sul pianeta Marte. Tre scritti di Schiaparelli su Marte e i “marziani”, a cura di P. Tucci, A. Mandrino e A. Testa, Mimesis, Milano 1998, pp. 83-89. – combinando il risultato delle osservazioni telescopiche con probabili deduzioni tratte da principi conosciuti della Fisica, e da plausibili analogie. Concediamo ora alla fantasia un più libero volo; sempre appoggiati, per quanto è concesso, al fondamento sicuro dell’osservazione e del ragionamento, tentiamo di renderci conto del modo, con cui sarebbe possibile in Marte l’esistenza e lo sviluppo di una popolazione d’esseri intelligenti, dotati di qualità e soggetti a necessità non troppo diverse dalle nostre: e sotto quali condizioni si potrebbe ammettere, che i fenomeni dei cosiddetti canali e delle loro geminazioni possano rappresentare il lavoro di una simil popolazione. Ciò che diremo non avrà il valore di un risultato scientifico, ed anzi confinerà in parte col romanzo».

E dopo le «dure condizioni di esistenza», fatte dalla natura ai «poveri Marziani»:

«E passando ad un ordine più elevato d’idee, interessante sarà ricercare qual forma d’ordinamento sociale sia più conveniente ad un tale stato di cose, quale abbiamo descritto; se l’intreccio, anzi la comunità d’interessi, onde son fra loro inevitabilmente legati gli abitanti di ogni valle, non rendano qui assai più pratica e più opportuna, che sulla Terra non sia, l’istituzione del socialismo collettivo, formando di ciascuna valle e dei suoi abitanti qualche cosa di simile ad un colossale falanstero, per cui Marte potrebbe diventare anche il paradiso dei socialisti. Bello altresì sarà indagare, se sia meglio ordinar politicamente il pianeta in una gran federazione, di cui ogni valle costituisca uno stato indipendente, oppure se forse, a reggere quel grande organismo idraulico da cui dipende la vita di tutti, e a conciliare le diverse necessità delle diverse valli, non sia forse più opportuna la monarchia universale di Dante. Ed ancora si potrà discutere, a quale rigorosa logica dovrà essere subordinata la legislazione destinata a regolare un così grandioso, vario e complicato complesso d’affari: quali progressi debbano aver fatto colà la Matematica, la Meteorologia, la Fisica, l’Idraulica e l’arte delle costruzioni, per arrivare alla soluzione dei problemi difficili e varii, che si presentano ad ogni tratto. Qual singolare disciplina, concordia, osservanza delle leggi e dei diritti altrui debba regnare sopra un pianeta, dove la salute di ciascuno è così intimamente legata alla salute di tutti; dove son certamente sconosciuti i dissidii internazionali e le guerre: dove quella somma ingente di studio e di lavoro e di mezzi, che i pazzi abitanti d’un altro globo vicino consumano nel nuocersi reciprocamente, è tutta rivolta a combattere il comune nemico, cioè le difficoltà che l’avara Natura oppone ad ogni passo.

Di tutto questo, o caro lettore, lascio a te l’ulteriore considerazione. Io scendo dall’Ippogrifo: tu, se ti aggrada, puoi continuar la volata. Messo t’ho innanzi, omai per te ti ciba».

Non è quindi strano l’innesto, a cominciare dal titolo, anche se il pianeta rosso (the red planet) diventa in modo improprio, ma più vicino all’impressione immediata del cielo, una stella (zvezda). Mentre come testimoni, non più di un avvenire perfezionato soltanto nei mezzi, ma di un ordine migliore, gli esseri che da lì arrivano, si discostano dal cliché inglese. Si mimetizzano con una maschera, un paio d’occhiali, un cappello col velo. Hanno infatti teste grosse, proporzionate agli occhioni con cui la loro specie si è adattata ad una luce tenuissima. Non sono semplici teste tentacolate. Mangiano e bevono come i terrestri, e non è per nutrirsi, che praticano largamente le trasfusioni di sangue. Il sesso e le relative emozioni, altro che mancargli assolutamente (absolutely), li occupano per lo meno in uguale misura. In un passaggio, l’espressione è letteralmente la stessa. Wells, quart’ultimo capitolo: la morte, non è che la morte (death – it’s just death). Bogdanov, ottavo capitolo della prima parte: la morte, ecco, è solo la morte, non di più (smert’ – tol’ko smert’, ne bolee).

Alla stessa stregua risaltano le differenze. Marte, secondo Bogdanov, ha un unico organo centrale, un ufficio che trasmette dappertutto le informazioni utili alle discussioni e decisioni più corrette, di assemblee civiche, scientifiche, professionali, per il resto autonome. La scelta del primo lavoro e dei successivi, la durata e l’intensità quotidiane dell’occupazione, etc., sono libere. Del tutto privato è il regolamento delle relazioni fra le persone. Padri e madri possono seguire a piacimento i figli nelle Case dei bambini, per collaborare ad un processo educativo fondamentalmente affidato agli effetti della vita associata. La massima solidarietà e integrazione non ferisce minimamente l’intimità dell’esistenza, si volga essa alle creazioni dell’intelligenza e dell’arte, o per qualche motivo s’interrompa tristemente, in una dignitosa morte volontaria. La piena utilizzazione delle energie della natura, per cui non c’è luogo irraggiungibile col telefono di casa, e le pale a vite, le eliche, e fuori dell’atmosfera i motori atomici, spingono veloci aeroplani e eterenavi, senza più peso per un’antigravità artificiale, è ben lontana dall’annullare ogni limite. Non manca neppure la percezione delle contraddizioni più stridenti. L’imminente esaurirsi di ogni risorsa essenziale, e la coscienza di una civiltà superiore da salvare, ispirano in un primo tempo il progetto di colonizzare la Terra, liquidando a questo fine l’intero genere umano, socialisti non esclusi. Prevale, a maggioranza, la decisione di affrontare le difficoltà e i pericoli enormi delle spedizioni venusiane, pur di non essere risucchiati nella logica perversa dell’imperialismo, e venir meno ai canoni della non violenza.

I particolari più indicativi escono dalle varianti del testo, rispetto a quello tradotto sopra dall’edizione originaria[19]A. Bogdanov, Krasnaja zvezda. Utopija, T-vo Chudožestvennoj Pečati, S. Peterburg 1908., nelle successive. Una riguarda la lettera del dottor Verner al letterato Mirskij che presenta il manoscritto di Leonid, e non figura nella prima ristampa postuma[20]A. Bogdanov, Krasnaja zvezda. Roman-utopija, Krasnaja gazeta, Leningrad 1929. Cfr. l’anastatica in A. Bogdanov, Krasnaja zvezda: roman-utopija / Inžener Menni: fantastičeskij roman, con una … Continue reading. La soppressione deve avere una spiegazione. La lettera non sta infatti a sé, ma in corrispondenza con gli stralci dell’altra, sempre di Verner a Mirskij, che chiudono simmetricamente il romanzo. L’unica è che si volesse evitare di far leggere, all’indomani della morte di Bogdanov, in un esperimento arrischiato dell’Istituto per la trasfusione del sangue da lui fondato e diretto, le parole: «suicidio indiretto».

La lettera manca anche nelle altre ristampe sovietiche[21]Večnoe solnce. Russkaja social’naja utopija i naučnaja fantastika (vtoraja polovina XX-načalo XX veka), Molodaja gvardija, Moskva 1979; Russkaja fantastičeskaja proza XIX – načala XX veka, … Continue reading. Queste fanno poi a meno dei tre capoversi del primo capitolo della prima parte, in cui si spiega che Anna Nikolaevna non condivideva la convinzione di Leonid, «che il sentimento sociale che rende gli uomini compagni nel lavoro e nella gioia e nel dolore, sarebbe diventato pienamente libero solo quando avesse scartato l’involucro feticistico della moralità», e vedeva nel libero amore del compagno il tentativo di «rivestire di una forma ideale un rapporto con la vita rozzamente sensuale». Danno solo le pagine iniziali del capitolo nono della prima parte, dedicato all’evoluzione della società marziana, «non coperta interamente, come da noi, di fuoco e sangue». Omettono nel primo capitolo della terza parte, un’allusione scherzosa all’omosessualità, e nel quinto capitolo della stessa parte, l’accenno ad un caso di poliandria.

Dall’edizione del 1929, Leonid trova al suo rientro da Marte (terzo capitolo della quarta parte) «molto di ingenuo e infantile», solo «in Verner, vecchio funzionario della rivoluzione, e negli altri compagni di cui mi ricordavo», e non più «persino nei nostri capi». Già nel testo del 1918[22]A. Bogdanov, Krasnaja zvezda. Roman-utopija, Izd. Petrogradskago Soveta Rabočich i Krasnoarmejskich Deputatov, 1918., è omesso un brano dell’ultimo capitolo, che allude a Lenin, Gor’kij e Plechanov. Al primo, come al «Vecchio della montagna», Gran Maestro della setta degli Assassini, in quanto «esclusivamente uomo della lotta e della rivoluzione», ed «uomo di ferro», con in sé «molto di istintivo conservatorismo». Al secondo, come ad un «Poeta» che ha troppo viaggiato, ed è un «artista della parola, a cui prestano ascolto milioni», ma va bene, né più né meno di Lenin, solo «per la lotta che ora è in corso». Al terzo, come ad un «uomo, principalmente, del pensiero astratto».

3. Lenin commentò La stella rossa con ironia[23]V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 55, Izd. političeskoj literatury, Moskva 1965, p. 254 (e Opere complete, XXXVII, Lettere ai familiari. 1893-1922, a cura di C. Laghezza ed E. Robotti, … Continue reading.

«Oggi ho letto un corsivo divertente sugli abitanti di Marte, secondo il nuovo libro inglese di Lowell, Marte e i suoi canali. Questo Lowell è un astronomo che ha lavorato a lungo in un osservatorio specializzato, a quanto pare il migliore nel mondo (America).

Un lavoro scientifico: dimostra che Marte è abitato, che i canali sono una meraviglia della tecnica, che le persone lì debbono essere due volte e due terzi più grandi di quelle di qui, per giunta con la proboscide, e coperte di piume o pelle d’animale, con quattro o sei gambe. Già… il nostro autore ci ha imbrogliati, descrivendo le bellezze marziane in modo incompleto, forse in omaggio al detto: “una menzogna che ci eleva ci è più cara di tante basse verità”…»

E disse a Bogdanov[24]V. I. Lenin i A. M. Gor’kij. Pis’ma, vospominanija, dokumenty, Izd. Akademii nauki SSSR, Moskva 1958, p. 229., incontrandolo a Capri da Gor’kij:

«Ecco, potreste scrivere per gli operai un romanzo su come i predoni del capitalismo hanno saccheggiato la terra, sprecando tutto il petrolio, tutto il ferro, il legno, tutto il carbone. Questo sarebbe un libro assai utile, signor machista!»

Nel frattempo, alle Note critiche su una filosofia reazionaria, pubblicate da Lenin sotto un altro pseudonimo, Bogdanov aveva risposto con Fede e scienza (A proposito del libro di V. Il’in “Materialismo ed empiriocriticismo”)[25]A. Bogdanov, Vera i nauka. O knige V. Il’ina “Materializm i empiriokriticizm”, a cura di Ju. G. Korgunjuk, «Voprosy filosofii», 1991/12, p. 87 (e Fede e scienza. La polemica su … Continue reading.

«Il marxismo ha mostrato che ogni sistema di idee è il risultato organico, il prodotto di determinati rapporti sociali di lavoro, fuori dei quali il suo senso vitale si perde inevitabilmente, e poi si corrompe. Nell’avvicendamento delle forme sociali di lavoro sta la soluzione del destino delle ideologie. Nell’epoca dello sviluppo progressivo di determinati rapporti produttivi, l’ideologia che si forma sulla loro base è progressiva, poiché serve ad essi, ne aiuta lo sviluppo, li consolida. Ma quando il loro sviluppo si è compiuto, e al loro posto cominciano già a proporsi forme nuove, più perfette, quella stessa ideologia, continuando a sostenere e consolidare forme vecchie, inferiori, diventa conservatrice, e poi reazionaria. Sopravvivendo alla propria base sociale di lavoro, essa si trasforma nel “morto, che si impossessa del vivo”. Allora la sua distruzione è necessaria per lo sviluppo sociale.

Riconosciuto questo, il marxismo, ideologia della classe più progressiva, doveva inevitabilmente rifiutare un significato assoluto a qualunque sistema di idee, incluso il suo proprio. Esso ha rivendicato per se stesso l’esigenza di uno sviluppo ininterrotto, in corrispondenza con i rapporti vitali in trasformazione del proletariato. E il marxismo procede per questa strada.

Ma il vecchio mondo non poteva rassegnarsi al fatto che nel suo ambito fosse nata e vivesse una dottrina non soggetta al suo fato, non sottoposta alla sua legge della degenerazione ideologica, una dottrina che esso non era in grado di trasformare a tempo debito, da organismo vivo, lucido –in un vampiro opaco e maligno. Dopo una lunga, vana lotta, il vecchio mondo ha fatto ricorso ad un ultimo mezzo: ha creato un vampiro a immagine e somiglianza del proprio nemico, e lo ha messo a combattere contro la giovane vita. Il nome di questo fantasma è “marxismo assoluto”.

Il vampiro fa il suo lavoro. Esso penetra nelle file dei combattenti, si attacca a chi non lo riconosce sotto il suo travestimento e talvolta raggiunge il suo scopo: trasforma gli utili militanti di ieri in accaniti nemici dello sviluppo necessario del pensiero proletario.

La nostra patria – paese di un movimento operaio giovane, di una cultura non consolidata, paese di una lotta tormentosamente estenuante – ha dato a questo fantasma le sue vittime forse migliori: G. Plechanov non da molto, V. Il’in ora, per non contare altre forze meno importanti, ma a suo tempo anche assai utili alla causa comune».

Di Marx, qui non è ripresa la goethiana «tradizione di tutte le generazioni morte», che «pesa come un incubo sul cervello dei viventi»[26]K. Marx, Der Achtzehnte Brumaire des Louis Bonaparte, Dietz, Berlin 1953, pp. 11-14 (e Rivoluzione e reazione Francia. 1848-1850, a cura di L. Perini, Einaudi, Torino 1976, pp. 172-173). Cfr. J. W. … Continue reading, ma l’esclamazione: «Oltre alle tristi condizioni moderne, ci opprime una intera serie di tristi condizioni ereditate, derivanti dalla vegetazione di modi di produzione antiquati, superati, col loro seguito di rapporti sociali e politici anacronistici. Noi soffriamo non solo a causa dei viventi, ma anche dei morti. Le mort saisit le vif!»[27]K. Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie, I, Dietz, Berlin 1960, pp. 6-7 (e traduzione di R. Meyer, a cura di E. Sbardella, Newton & Compton, Roma 2005, p. 42).. Le mort saisit le vif, son hoir plus proche et habile à succeder, è una formula del diritto consuetudinario francese, che dispone l’immediata presa di possesso dei beni da parte dell’erede: come se il proprietario glieli trasmettesse nell’atto stesso della morte. Nel linguaggio giuridico, saisir non vale più afferrare, ma mettere in possesso. Marx giocava sulla lettera, e molto più liberamente di Proust, nella scena dell’incontro con la madre, dopo la morte della nonna[28]M. Proust, À la recherche du temps perdu, II, a cura di P. Clarac e A. Ferré, Gallimard, Paris 1954, p. 769 (e traduzione di G. Raboni, a cura di L. De Maria, Mondadori, Milano 1986, p. 932)..

«Ma soprattutto, appena la vidi entrare nella sua cappa di crespo, mi accorsi di una cosa che a Parigi mi era sfuggita, che non avevo più davanti agli occhi mia madre, ma mia nonna. Come nelle famiglie reali o ducali, alla morte del capo il figlio ne assume il titolo (…) così, sovente, per un avvenimento d’altra specie e d’origine più profonda, il morto s’impossessa del vivo, che ne diventa il successore a lui somigliante, il continuatore della vita interrotta».

Bogdanov aggravava il macabro dell’immagine marxiana, in una denunzia dei rischi della cultura maggioritaria nel partito. Si può anche dire, che «in quel primo contrasto interno al bolscevismo si prefigurava quella lotta per l’ortodossia che poi si ripeterà, in tutt’altra forma, dopo la morte di Lenin»[29]V. Strada, L’altra rivoluzione. Gor’kij, Lunačarskij, Bogdanov. La Scuola di Capri e la costruzione di Dio, La Conchiglia, Capri 1994, p. 22.. Ma a patto di precisare che Bogdanov difendeva come ortodossa la relatività (e discutibilità) di ogni ortodossia.

L’ingegnere Menni (1913, ma uscì alla fine dell’anno precedente) non accenna perciò per niente all’aspetto dei marziani. Li umanizza senz’altro. Accetta la sfida del presente alle proprie condizioni, non mettendogli di fronte, come nel primo romanzo, il futuro che potrebbe avere, ma il passato di quel futuro. Narra infatti come avvenga, su Marte, la transizione dal feudo alla società borghese, e da questa ad un socialismo effettivamente, non per modo di dire, proletario, e alla sua impresa più insigne: la rifondazione di tutto il sapere. Se si va a vedere, Bogdanov era consapevole della propria sconfitta. Questo significa il ritorno alla definizione dei sogni, che «non sono altro che sforzo, sconfitto nella realtà e passato da essa nel campo della fantasia», e dell’utopia, che «esprime le aspirazioni che non possono realizzarsi, gli sforzi che sono inferiori alle resistenze», nel terzo capitolo della terza parte. Ma la rivendicazione della nuova scienza e della cultura proletaria non restò fantastica. Comparve allora stesso la prima parte della Tectologia. Scienza universale dell’organizzazione. E dal 1917 al 1922, dicono i repertori[30]Filosofskaja enciklopedija, a cura di F. V. Konstantinov, quarto volume, Sovetskaja enciklopedija, Moskva 1967, p. 390., le «idee di Bogdanov» fecero del proletkul’t un movimento autonomo «dal partito e dallo Stato sovietico», votato all’«indipendenza della “pura” cultura proletaria dalle culture del passato», contro la «continuità della cultura». Soprattutto, il grande ingegnere che costruisce i canali, sventa le manovre degli speculatori, e vittorioso si uccide, per non ipotecare col proprio prestigio gli sviluppi politici e sociali ulteriori, è figura dei problemi posti nelle epoche di più profonda trasformazione dalla vischiosità del corso storico. Della necessità di viverli il più criticamente possibile.

 «No, con lui non c’è niente da fare! Ho letto il suo L’ingegnere Menni. È lo stesso machismo = idealismo, nascosto in modo che né gli operai, né gli stupidi redattori nella “Pravda” l’hanno capito. No, è un machista irrecuperabile»[31]V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 48, Pis’ma nojabr’ 1910-ijul’ 1914, Izd. političeskoj literatury, Moskva 1954, p. 161 (e Opere complete, XXXV, Carteggio (febbraio 1912-dicembre … Continue reading. Lenin se la prendeva con il giornale che aveva rischiato di avallare, pubblicandolo, un attacco aperto e radicale all’idea della verità come rispecchiamento di processi oggettivi, e quindi del partito, in quanto detentore di una tale verità, come unico e indiscutibile titolare delle decisioni sul che fare.

La tensione non finì dopo l’Ottobre. Quando Lenin fece aggiornare da un Vladimir I. Nevskij Materialismo ed empiriocriticismo, in modo che passasse in giudicato, che anche nei nuovi scritti e nelle nuove iniziative «sono sviluppate da A. A. Bogdanov vedute borghesi e reazionarie»[32]V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 18, Materializm i empiriokriticizm, Izd. političeskoj literatury, Moskva 1961 (e Opere complete, XIV, Materialismo ed empiriocriticismo, a cura di F. … Continue reading, il destinatario della scomunica non interruppe la divulgazione a puntate, in «Proletarskaja kul’tura», di una tectologia esposta più agilmente. La mise anzi in un volume, Saggi di una scienza universale dell’organizzazione, che stampato in un centro ancora per poco in mano alla sinistra, con una lunga prefazione, Verso una enciclopedia operaia, del dirigente politico locale[33]A. Bogdanov, Očerki vseobščej organizacionnoj nauki. S priloženii trudov avtora i stat’i Ju. Milonova Na puti k rabočej enciklopedii, Gos. Izdatel’stvo, Samara 1921 (e a cura di Y. Pedalà, … Continue reading, mostra che l’opposizione bogdanoviana aveva anche un seguito di base.

Peccato che non avesse orecchio anche per questo dibattito sull’assolutismo filosofico e politico al centro del nuovo potere, Isaiah Berlin[34]I. Berlin, Personal impressions, a cura di H. Hardy, Pimlico, London 1998, pp. 199-201 (e a cura di G. Forti, Adelphi, Milano 1989, pp. 172-175)., nel raccontare della fioritura della cultura russa di fine Ottocento, che «ben lungi dall’essere arrestata dalla guerra e dalla rivoluzione, continuò a trarre vitalità e ispirazione dalla visione di un mondo nuovo», dando luogo negli anni 1920 ad un «autentico rinascimento». E del proletkul’t non gli risultasse che un esito più tardo, l’«arte proletaria collettivista» del «critico Averbach», Leopol’d L. Averbach, e della sua «fazione di marxisti fanatici», contro «ciò che si descriveva come licenza letteraria sfrenatamente individualistica – o come formalismo, estetismo decadente, ossequio all’Occidente, opposizione al collettivismo socialista».

Fra la prima edizione[35]A. Bogdanov, Inžener Menni. Fantastičeskij roman, Dorovatovskij e Carušikov, Moskva 1913., la terza[36]A. Bogdanov, Inžener Menni. Fantastičeskij roman, Izd. Petrogradskago Soveta Rabočich i Krasnoarmeiskich deputatov, 1918. e la quinta[37]A. Bogdanov, Inžener Menni. Fantastičeskij roman, Kniga, Leningrad-Moskva 1925. Cfr. l’anastatica in A. Bogdanov, Krasnaja zvezda: roman-utopija / Inžener Menni: fantastičeskij roman, con una … Continue reading, non si sono osservate variazioni testuali di qualche significato. Quella del 1925 ha in più, alla fine, quarantaquattro versi intitolati alla Lermontov Verrà il giorno. Ne sarebbe stato impedito l’inserimento nell’edizione del 1913 dalla censura zarista. Mancano però anche nell’edizione del 1919. Bogdanov li compose più verosimilmente nel 1920, quando apparvero la prima volta nella rivista del Proletkul’t. In essi, ricorre due volte in positivo («Il suo nome è Noi: il grande popolo del lavoro!»), il pronome di prima persona plurale a cui Bellamy[38]E. Bellamy, Looking backward, Dover, New York 1996, pp. 138-139. affidava il suo messaggio.

«“Che cosa mangerò e berrò, e in che modo mi vestirò io?”, posto come avente origine e fine in me stesso, era stato un problema ansioso e senza soluzione. Ma appena esso fu concepito, non dal punto di vista individuale, ma fraterno, “Che cosa mangeremo e berremo, e in che modo ci vestiremo noi?” – le sue difficoltà svanirono».

Al contrario delle altre, fino alla più recente[39]E. Bellamy, Uno sguardo dal 2000, a cura di R. Pezzotti e L. Punzo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1991, p. 23., che li omettono proprio, la prima traduzione italiana di Guardando indietro[40]E. Bellamy, Nell’anno 2000 / Looking backward / Racconto americano, a cura di P. Mazzoni, Treves, Milano 1890, p. 257. dà l’io e il noi con la maiuscola e in corsivo.

Solo che nel 1924 era uscito a New York, in inglese, il romanzo che anticipa di quattordici anni l’antiutopia di Corrado Alvaro (L’uomo è forte), e di ventiquattro quella di George Orwell (1984). Evgenij I. Zamjatin l’aveva intitolato Noi. Col nome, non più di un sogno, ma di un incubo.

L’animo con cui Bogdanov si sforzava di guardare la situazione dall’interno traspare tuttavia compiutamente dagli altri versi del 1920 (ma pubblicati in appendice ad un’edizione di La stella rossa che non si è potuta vedere direttamente[41]A. Bogdanov, Krasnaja zvezda. Roman-utopija, Kniga, Leningrad-Moskva 1924, pp. 164-166. Se ne è avuta una riproduzione, per i buoni uffici di Daniela Steila, da Wladislaw Hedeler.), probabile spunto di una terza e non sviluppata fantasia, Il marziano rimasto sulla Terra. L’«inferno» della violenza che aveva intorno, offendeva la «bella Patria lontana» che vagheggiava, «Dove regnano la fratellanza e la ragione». Anche i “terrestri” anelavano «alla felicità e alla libertà». Ma non ne trovavano le «vie». Le loro idee erano troppo «confuse». Troppo li condizionava il «passato», dettandogli aspirazioni prevalentemente «feroci». Ci voleva tutto il suo storicismo, per accettare la «condanna» di averci a che fare, in attesa del «giorno lontano» di una intesa effettiva. Per dire – ma fino a quando se la sarebbe sentita? – «“No!” alla disperazione».

4. La bibliografia di John Biggart, Georgij D. Gloveli e Avraham Yassour[42]J. Biggart, G. Gloveli, A. Yassour, Bogdanov and His Work. A guide to the published and unpublished works of Aleksandr A. Bogdanov (Malinovsky) 1873-1928, Aldershot-Brookfield, USA-Singapore-Sydney, … Continue reading fa il punto degli studi e delle informazioni. Degli studi, nei primi due capitoli dell’introduzione, che hanno per temi la riabilitazione di Bogdanov, e Bogdanov come scienziato ed utopista. Delle informazioni, nel resto, dove sono illustrate le risorse dell’archivio centrale del partito comunista, e schedati gli scritti editi ed inediti, dal 1892 al 1929, i materiali non datati, le vignette politiche, le nuove edizioni, dal 1989 al 1998, e le traduzioni. Seguono in appendice, una cronaca biografica, l’elenco dei nomi falsi e degli pseudonimi, e una guida agli archivi, alle biblioteche e alla letteratura secondaria.

Una completa riabilitazione richiedeva senza dubbio la fine del «culto di Lenin». A Lenin, però, e attraverso una lettura di Lenin, grosso modo, lukácsiana, a Plechanov, guardava anche, prima e dopo Stalin, il marxismo sovietico non volgare, di un Michail A. Lifšic fra i vecchi, di un Eval’d V. Il’enkov fra i giovani. E i «tentativi attuali di rivalutare la reputazione di teorico di A. Bogdanov» (così Lifšic[43]M. Lifšic, Sobranie sočinenij v trech tomach, III, Izobrazitel’noe iskusstvo, Moskva 1988, p. 136., nel 1978) ponevano problemi che in una storia che non voglia ridursi ad un mero occhio per occhio, non conviene trascurare.

Da qui l’opportunità di mettere nel conto, per esempio, l’esame fatto da David Bakhurst[44]D. Bakhurst, Consciousness and Revolution in Soviet Philosophy. From the Bolsheviks to Evald Ilyenkov, Cambridge University Press 1991, pp. 123-134. Cfr. E. V. Il’enkov, Leninskaja dialektika i … Continue reading, del saggio postumo di Il’enkov, La dialettica leniniana e la metafisica del positivismo, come «testimonianza interessante dell’importanza durevole di Lenin nella cultura filosofica sovietica».

«Il’enkov ritiene che i modi in cui la filosofia di Bogdanov influenzava la sua politica sono specialmente evidenti nei suoi romanzi fantascientifici, La stella rossa (1908) e L’ingegnere Menni (1913) (…). Tuttavia, la critica più insistente di Il’enkov non è provocata, né dalla deformazione di Marx da parte di Bogdanov, né dalla sua utopia, ma dalle conseguenze politiche dell’antirealismo di Bogdanov. Il’enkov ci ricorda, che considerando la realtà come una costruzione dei nostri modi di organizzare l’esperienza, Bogdanov non può rappresentare la scienza come scoperta di “come sono le cose”: la scienza è semplicemente una delle maniere dell’organizzazione dell’esperienza».

Bogdanov nella storia del bolscevismo. Bogdanov e la rivoluzione culturale. L’arresto di Bogdanov, nel 1923. La morte di Bogdanov. Le opere di Bogdanov. La filosofia. L’economia. La riabilitazione della tectologia. Bogdanov come “teorico dello stalinismo”, con le virgolette per dissentire dalla qualifica. La riabilitazione nell’Unione Sovietica. La riabilitazione in Occidente. Le bibliografie. Su tutto questo, niente da eccepire. Se non che delle due riscoperte, quella occidentale non precedette soltanto quella avvenuta nell’Urss, ma la sollecitò. Nel promuovere Bogdanov a riferimento privilegiato, rispetto agli stessi Alfred-Victor Espinas ed Evgenij E. Sluckij, di una praxeologia, o scienza dell’agire, in cui logica e filosofia riacquistassero, aggiornandosi, una funzione, Tadeusz Kotarbiñski[45]T. Kotarbiñski, Rozwój prakseologii, «Kultura i Spoleczenstwo», 1961/4, pp. 3-15. L’articolo è stato letto con l’aiuto di Marta Petrusewicz. addebitò ai sovietici di non essersi serviti, per i loro scrupoli ideologici, nella fondazione scientifica della pianificazione economica, di un simile teorico.

«Eppure, nella Tectologia del 1922 è difficile arrivare a scoprire una qualche tendenza idealistica. È ora di togliere dall’indice quest’opera oltre misura creativa, e di sprofondarsi nella sua lettura, per poter separare dopo averla studiata il grano dalla pula, e conservare il grano sano di pensieri pioneristici. Di pula, secondo chi scrive, da questa trebbia ne verrà parecchia (…). Ma l’idea stessa di ricercare le regole del buon lavoro nelle regolarità generali della teoria degli eventi è pienamente razionale».

Lo stralcio, dalla filosofia condannata in Materialismo ed empiriocriticismo, e dalla politica ad essa ispirata, tanto del precorrimento della cibernetica e della teoria dei sistemi, quanto dei meriti nel campo della sanità pubblica sovietica, e con le cautele anche moralistiche di cui sopra, di La stella rossa, ebbe inizio così.

Piuttosto, fra le cose da ricordare, del periodo postsovietico, ci sono anche le prime edizioni russe delle storie di Vasilij V. Zen’kovskij[46]V. V. Zen’kovskij, Istorija russkoj filosofii, EGO, Leningrad 1991, pp. 41-50 della seconda parte del secondo volume. e Nikolaj O. Losskij[47]N. O. Losskij, Istorija russkoj filosofii, Sovetskij pisatel’, Moskva 1991, pp. 440-442., e un’antologia dei positivisti russi[48]Russkij Pozitivizm. Lesevič Juškevič Bogdanov, a cura di S. S. Gusev, Nauka, Sankt-Peterburg 1995., con scritti di Vladimir V. Lesevič e Pavel S. Juškevič, trenta pagine di La filosofia dell’esperienza viva (1913), e più di quaranta di Il socialismo della scienza (1918), di Bogdanov.

Nel frattempo, Vladislav A. Lektorskij ha inaugurato con Bogdanov la raccolta[49]Filosofija ne končaetsja… Iz istorii otečestvennoj filosofii XX vek. 1920-50-e gody, a cura di V. A. Lektorskij, ROSSPEN, Moskva 1998. Cfr. a pp. 307-349 del primo volume: N. N. Moiseev, La … Continue reading messa insieme per smentire che «dopo l’emigrazione dalla Russia nel 1922 dei più eminenti filosofi religiosi cessò nel paese ogni autentica vita filosofica, e di filosofia degna di questo nome da noi non ce ne fu per lo meno fino all’ultimo periodo (alcuni dicono fino al 1991)». Ossia che i filosofi sovietici fossero, «nel migliore dei casi, degli idioti, e nel peggiore, dei farabutti e degli apologeti del potere».

Altri articoli hanno fatto leggere i «Voprosy filosofii», nel 130° anniversario della nascita, e 75° della morte[50]V. S. Klebaner, Aleksandr Bogdanov i ego nasledie, «Voprosy filosofii», 2003/1, pp. 105-134, con in appendice una serie di «pagine poco note», relative alla Tectologia e al trattamento ad essa … Continue reading, e nel centenario dell’Empiriomonismo[51]V. N. Sadovskij, Empiriomonizm A. A. Bogdanov. Opyt pročtenija spustja stoletie posle publikacii, «Voprosy filosofii», 2003/9, pp. 92-109..

La schedatura degli scritti dal 1892 al 1929 occupa più di trecento pagine. Dal 1930 alla perestrojka gorbačeviana, non ci fu praticamente alcuna ristampa. Bogdanov aveva avuto ragione, nella presa d’atto che rende credibile, se non il proposito suicida, un’attività sperimentale nel campo della medicina, l’unico in cui potesse continuare ad operare nell’ultimo scorcio della vita, sempre più azzardata e imprudente. La rivoluzione si era chiusa (su se stessa e) su quanto aveva risparmiato di vecchio e suscitato di nuovo nell’immediato. Come del resto altri intellettuali che si uccisero negli stessi anni, Bogdanov sentiva di non avere più spazio.

Alle traduzioni in inglese va aggiunta quella di La lotta per la vitalità (a cura di D. W. Huestis, XLibris, Philadelphia 2002). A quelle in italiano, Saggi di scienza dell’organizzazione, con una introduzione di Gianfranco Dioguardi (a cura di Y. Pedalà, Theoria, Roma-Napoli 1988), La stella rossa, a cura di Giovanni Maniscalco Basile (Sellerio, Palermo 1989), e Quattro dialoghi su scienza e filosofia, con Ernst von Glasersfeld, Massimo Stanzione, Silvano Tagliagambe (a cura di F. Accame, Odradek, Roma 2004).

Degli studi in lingue occidentali (ma con la piega che hanno anche i nuovi pensieri, non si dovrebbe più restare chiusi in questo ambito), non sono schedati:

  • W. Goerdt, Russische Philosophie. Zugänge und Durchblicke, Alber, Freiburg-München 1984, pp. 571-576 e passim;
  • R. E. Bello, The Systems Approach. A. Bogdanov and L. von Bertalanffy, «Studies in East European Thought», 1985/2, pp. 131-147;
  • M. Styczyński, “The Science of the Future”. Aleksander Bogdanov’s Tectology, «Organon», 1985/20-21, pp. 149-173;
  • R. Zapata, La philosophie russe et soviétique, Puf, Paris 1988, ad nomen;
  • G. Piovesana, Storia del pensiero filosofico russo. 988-1988, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991, pp. 333-334;
  • A. Mansueto, From Dialectic to Organization. Bogdanov’s Contribution to social Theory, «Studies in East European Thought», 1996/1, pp. 37-61;
  • D. Steila, Scienza e rivoluzione. La recezione dell’empiriocriticismo nella cultura russa (1877-1910), Firenze, Le Lettere 1996, ad nomen.

E naturalmente, i più recenti:

  • A. Gare, Aleksandr Bogdanov and Systems Theory, «Democracy & Nature», 2000/3, pp. 341-359;
  • R. Saage, Wider das marxistische Bilderverbot. Bogdanows utopische Romane “Der rote Planet (1907) und Ingenieur Menni (1912), «Utopie kreativ», 112/2000, pp. 165-177;
  • Ph. E. Wegner, Imaginary Communities. Utopia, the Nation, and the Spatial Histories of Modernity, University of California Press 2002 (il quarto capitolo è intitolato Il futuro occluso. La stella rossa e Il tallone di ferro come “utopie critiche”);
  • H. Dahm, A. Ignatov, Storia delle tradizioni filosofiche dell’Europa orientale, a cura di R. Cristin, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 2005, ad nomen;
  • M. E. Soboleva, Aleksandr Bogdanov und der philosophische Diskurs in Russland zu Beginn des 20. Jahrhunderts: zur Geschichte des russischen Positivismus, Olms, Heildeschem-New York 2007.

Per queste ultime indicazioni, chi scrive ha avuto l’aiuto affettuoso quanto competente di Antonio Samà. La traduzione è (quanto più possibile) letterale. Per lo stesso scrupolo, sono state anche rifatte sugli originali tutte quelle citate per comodità del lettore nelle note alla nota.

I bambini che ebbero in dono tanti anni fa una prima stesura[52]A. A. Bogdanov, La stella rossa / L’ingegnere Menni, a cura di G. Mastroianni, Sinefine, Catanzaro 1988., sono intanto cresciuti, di anni e di numero. Ma non hanno meno bisogno di capire, per muoversi meglio in un mondo tanto rapidamente e profondamente cambiato, attraverso quali vicende questo cambiamento è veramente avvenuto.

References

References
1 A. Bogdanov, Kratkij kurs ekonomičeskoj nauki, Murikoba, Moskva 1897, p. 1. Del microfilm di questo, e della maggior parte degli altri testi dell’epoca, si è debitori al Dipartimento scambi internazionali della Biblioteca Lenin (e ora di Stato) di Mosca.
2 V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 4, Gos. Izd. političeskoj literatury, Moskva 1960, pp. 35-37 (e Opere complete, IV, ottobre 1898-febbraio 1901, a cura di A. Herzel e I. Solfrini, Editori Riuniti, Roma 1957, pp. 45-53).
3 E. Mach, Conoscenza ed errore. Abbozzi per una psicologia della ricerca, a cura di S. Barbera, con una introduzione di A. Gargani, Einaudi, Torino 1982, p. XV. Cfr. di Bogdanov, Ernst Mach und die Revolution, «Die Neue Zeit», 1908, pp. 695-700.
4 N. A. Berdjaev, Samopoznanie. Opyt filosofskoj avtobiografii, a cura di A. V. Vadimov, Kniga, Moskva 1991, pp. 128-129 (e come Autobiografia spirituale, a cura di G. Donnini, Vallecchi, Firenze 1953, p. 142).
5 D. Grille, Lenins Rivale. Bogdanov und seine Philosophie, Wissenschaft und Politik, Köln 1966, p. 49, n. 2.
6 A. A. Bogdanov, Poznanie s istoričeskoj točki zrenija. Izbrannye psichologičesie trudy, a cura di O. G. Noskova, Moskovskij psichologo-social’nyj institut/NPO-MODEK, Moskva-Voronež 1999, p. 68, n. 1.
7 N. A. Berdjaev, Zametka o knige g. Bogdanova Poznanie c istoričeskoj točki zrenija, «Voprosy filosofii i psichologii», 1902/4, pp. 839-853 (e G. Mastroianni, Pensatori russi del Novecento, L’Officina tipografica, per conto dell’Istituto italiano per gli studi filosofici, Roma 1993, pp. 37-51).
8 A. Bogdanov, K voprosu o novejščich filosofskich tečenijach, «Voprosy filosofii i psichologii», 1902/5, pp. 1049-1059 (e G. Mastroianni, Pensatori russi del Novecento, cit., pp. 53-63).
9 V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 47, Izd. političeskoj kul’tury, Moskva 1964, pp. 150-153 (e Opere complete, XIII, luglio 1907-marzo 1908, a cura di I. Solfrini, Editori Riuniti, Roma 1965, pp. 425-428).
10 A. V. Lunačarskij, Russkij Faust, «Voprosy filosofii i psichologii», 1902/3, pp. 783-795 (per la lettura dei Karamazov, fatta da Sergej N. Bulgakov).
11 V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 47, cit., pp. 159-160 (e pp. 305-306 della traduzione).
12 A. A. Bogdanov, Empiriomonizm, a cura di V. N. Sadovskij, A. L. Andreev, M. A. Maslin, Respublika, Moskva 2003, p. 3.
13 A. Bogdanov, Empiriomonizm, cit., pp. 169-172.
14 H. Heine, Ludwig Börne. Eine Denkschrift und Kleinere politische Schriften, a cura di H. Koopmann, Hoffmann-Kampe, Hamburg 1978, pp. 18-19 (e a cura di P. Chiarini, De Donato, Bari 1973, pp. 63-64).
15 Vita dell’arciprete Avvakum scritta da lui stesso, a cura di P. Pera, Adelphi, Milano 1986, pp. 48-49.
16 Edward Bellamy Abroad. An American Prophet’s Influence, a cura di S. E. Bowman, Twayne Publ., New York 1962, pp. 67-85 e pp. 514-518.
17 G. Wells, Mašina vremeni. Vojna mirov. Rasskazy, a cura di Ju. Kagarlickij, Chudožestvennaja literatura, Moskva 1983, p. 3. Di Kagarlickij è la principale monografia russa su Wells.
18 G. V. Schiaparelli, La vita sul pianeta Marte. Tre scritti di Schiaparelli su Marte e i “marziani”, a cura di P. Tucci, A. Mandrino e A. Testa, Mimesis, Milano 1998, pp. 83-89.
19 A. Bogdanov, Krasnaja zvezda. Utopija, T-vo Chudožestvennoj Pečati, S. Peterburg 1908.
20 A. Bogdanov, Krasnaja zvezda. Roman-utopija, Krasnaja gazeta, Leningrad 1929. Cfr. l’anastatica in A. Bogdanov, Krasnaja zvezda: roman-utopija / Inžener Menni: fantastičeskij roman, con una postfazione di B. Rullkötter, Buske, Hamburg 1979.
21 Večnoe solnce. Russkaja social’naja utopija i naučnaja fantastika (vtoraja polovina XX-načalo XX veka), Molodaja gvardija, Moskva 1979; Russkaja fantastičeskaja proza XIX – načala XX veka, Pravda, Moskva 1986; U svetlogo jara Vselennoj, Pravda, Moskva 1989. Cfr. sulle prime due, G. Mastroianni, Il caso Bogdanov fra dommatismo e pruderie, «Belfagor», 1987/IV, pp. 467-469.
22 A. Bogdanov, Krasnaja zvezda. Roman-utopija, Izd. Petrogradskago Soveta Rabočich i Krasnoarmejskich Deputatov, 1918.
23 V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 55, Izd. političeskoj literatury, Moskva 1965, p. 254 (e Opere complete, XXXVII, Lettere ai familiari. 1893-1922, a cura di C. Laghezza ed E. Robotti, Editori Riuniti, Roma 1968, pp. 280-281). Marte e i suoi canali (1906) è il secondo libro di Percival Lowell sull’argomento. Il primo, Marte, del 1895, aveva colpito Wells.
24 V. I. Lenin i A. M. Gor’kij. Pis’ma, vospominanija, dokumenty, Izd. Akademii nauki SSSR, Moskva 1958, p. 229.
25 A. Bogdanov, Vera i nauka. O knige V. Il’ina “Materializm i empiriokriticizm”, a cura di Ju. G. Korgunjuk, «Voprosy filosofii», 1991/12, p. 87 (e Fede e scienza. La polemica su “Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin, a cura di V. Strada, Einaudi, Torino 1982, pp. 146-147).
26 K. Marx, Der Achtzehnte Brumaire des Louis Bonaparte, Dietz, Berlin 1953, pp. 11-14 (e Rivoluzione e reazione Francia. 1848-1850, a cura di L. Perini, Einaudi, Torino 1976, pp. 172-173). Cfr. J. W. Goethe, Sprüche in Prosa. Sämtliche, Maximen und Reflexionen, a cura di H. Fricke, Deutscher Klassiker verlag, Frankfurt a. M. 1993, p. 158 (e Massime e riflessioni, a cura di S. Seidel, con una introduzione di P. Chiarini, Theoria, Roma-Napoli 1990, p. 170).
27 K. Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie, I, Dietz, Berlin 1960, pp. 6-7 (e traduzione di R. Meyer, a cura di E. Sbardella, Newton & Compton, Roma 2005, p. 42).
28 M. Proust, À la recherche du temps perdu, II, a cura di P. Clarac e A. Ferré, Gallimard, Paris 1954, p. 769 (e traduzione di G. Raboni, a cura di L. De Maria, Mondadori, Milano 1986, p. 932).
29 V. Strada, L’altra rivoluzione. Gor’kij, Lunačarskij, Bogdanov. La Scuola di Capri e la costruzione di Dio, La Conchiglia, Capri 1994, p. 22.
30 Filosofskaja enciklopedija, a cura di F. V. Konstantinov, quarto volume, Sovetskaja enciklopedija, Moskva 1967, p. 390.
31 V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 48, Pis’ma nojabr’ 1910-ijul’ 1914, Izd. političeskoj literatury, Moskva 1954, p. 161 (e Opere complete, XXXV, Carteggio (febbraio 1912-dicembre 1922), a cura di F. Laghezza, Edizioni Rinascita, Roma 1955, p. 52).
32 V. I. Lenin, Polnoe sobranie sočinenij, T. 18, Materializm i empiriokriticizm, Izd. političeskoj literatury, Moskva 1961 (e Opere complete, XIV, Materialismo ed empiriocriticismo, a cura di F. Platone, Editori Riuniti, Roma 1963), nella breve prefazione all’edizione del 1920. Lo scritto di Nevskij, Il materialismo dialettico e una filosofia della reazione morta, fu riprodotto in appendice a Materialismo ed empiriocriticismo fino alla terza edizione (1936) delle opere di Lenin.
33 A. Bogdanov, Očerki vseobščej organizacionnoj nauki. S priloženii trudov avtora i stat’i Ju. Milonova Na puti k rabočej enciklopedii, Gos. Izdatel’stvo, Samara 1921 (e a cura di Y. Pedalà, con una introduzione di G. F. Dioguardi, Theoria, Roma-Napoli 1988). Su Samara e Jurij K. Milonov: R. V. Daniels, The Conscience of the Revolution. Communist Opposition in Soviet Russia, Harvard University Press-Oxford University Press, Cambridge (Massachusetts)-London 1960, pp. 168-169 (e a cura di G. Lepschy, Sansoni, Firenze 1970, pp. 257-258).
34 I. Berlin, Personal impressions, a cura di H. Hardy, Pimlico, London 1998, pp. 199-201 (e a cura di G. Forti, Adelphi, Milano 1989, pp. 172-175).
35 A. Bogdanov, Inžener Menni. Fantastičeskij roman, Dorovatovskij e Carušikov, Moskva 1913.
36 A. Bogdanov, Inžener Menni. Fantastičeskij roman, Izd. Petrogradskago Soveta Rabočich i Krasnoarmeiskich deputatov, 1918.
37 A. Bogdanov, Inžener Menni. Fantastičeskij roman, Kniga, Leningrad-Moskva 1925. Cfr. l’anastatica in A. Bogdanov, Krasnaja zvezda: roman-utopija / Inžener Menni: fantastičeskij roman, con una postfazione di B. Rullkötter, cit.
38 E. Bellamy, Looking backward, Dover, New York 1996, pp. 138-139.
39 E. Bellamy, Uno sguardo dal 2000, a cura di R. Pezzotti e L. Punzo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1991, p. 23.
40 E. Bellamy, Nell’anno 2000 / Looking backward / Racconto americano, a cura di P. Mazzoni, Treves, Milano 1890, p. 257.
41 A. Bogdanov, Krasnaja zvezda. Roman-utopija, Kniga, Leningrad-Moskva 1924, pp. 164-166. Se ne è avuta una riproduzione, per i buoni uffici di Daniela Steila, da Wladislaw Hedeler.
42 J. Biggart, G. Gloveli, A. Yassour, Bogdanov and His Work. A guide to the published and unpublished works of Aleksandr A. Bogdanov (Malinovsky) 1873-1928, Aldershot-Brookfield, USA-Singapore-Sydney, Ashgate 1998.
43 M. Lifšic, Sobranie sočinenij v trech tomach, III, Izobrazitel’noe iskusstvo, Moskva 1988, p. 136.
44 D. Bakhurst, Consciousness and Revolution in Soviet Philosophy. From the Bolsheviks to Evald Ilyenkov, Cambridge University Press 1991, pp. 123-134. Cfr. E. V. Il’enkov, Leninskaja dialektika i metafizika pozitivizma, Izd. političeskoj literatury, Moskva 1980.
45 T. Kotarbiñski, Rozwój prakseologii, «Kultura i Spoleczenstwo», 1961/4, pp. 3-15. L’articolo è stato letto con l’aiuto di Marta Petrusewicz.
46 V. V. Zen’kovskij, Istorija russkoj filosofii, EGO, Leningrad 1991, pp. 41-50 della seconda parte del secondo volume.
47 N. O. Losskij, Istorija russkoj filosofii, Sovetskij pisatel’, Moskva 1991, pp. 440-442.
48 Russkij Pozitivizm. Lesevič Juškevič Bogdanov, a cura di S. S. Gusev, Nauka, Sankt-Peterburg 1995.
49 Filosofija ne končaetsja… Iz istorii otečestvennoj filosofii XX vek. 1920-50-e gody, a cura di V. A. Lektorskij, ROSSPEN, Moskva 1998. Cfr. a pp. 307-349 del primo volume: N. N. Moiseev, La tectologia di Bogdanov, A. P. Ogurcov, La tectologia di A. A. Bogdanov e l’idea della coevoluzione, e V. N. Sadovskij, L’empiriomonismo di A. A. Bogdanov: un capitolo dimenticato della filosofia della scienza.
50 V. S. Klebaner, Aleksandr Bogdanov i ego nasledie, «Voprosy filosofii», 2003/1, pp. 105-134, con in appendice una serie di «pagine poco note», relative alla Tectologia e al trattamento ad essa riservato, per conto di Lenin, nel 1920.
51 V. N. Sadovskij, Empiriomonizm A. A. Bogdanov. Opyt pročtenija spustja stoletie posle publikacii, «Voprosy filosofii», 2003/9, pp. 92-109.
52 A. A. Bogdanov, La stella rossa / L’ingegnere Menni, a cura di G. Mastroianni, Sinefine, Catanzaro 1988.

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